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Giorgio De Chirico: Storia e Opere del Pittore Metafisico

Giorgio De Chirico è noto per essere stato per uno dei maggiori esponenti della pittura metafisica. Le sue opere sono espressione di un universo misterioso e intrigante, segnato da tante ombre ma anche da tanta solitudine. La sua pittura va al di là del mondo fisico e tangibile e si sposta su un piano onirico, con un’illuminazione che non ha nulla di reale. Lo stesso vale per le architetture, che presentano prospettive impossibili, o gli oggetti di uso quotidiano, collocati in un contesto a loro totalmente estraneo.

De Chirico però non rimase fedele alla pittura metafisica per tutta la sua vita. Nella fase finale della sua esistenza, abbandonò il mondo metafisico per immergersi nel classicismo mitologico. Dopo questa piccola, gustosa premessa su Giorgio De Chirico, non ci resta che immergersi nel suo mondo e nelle sue opere per cercare di comprendere più a fondo questo interessante artista del Novecento Italiano, esponente dell’arte moderna.

giorgio de chirico

Storia e Biografia di Giorgio De Chirico

Giorgio De Chirico nasce a Volo, in Grecia, il 10 luglio 1888 da genitori di origini italiane. Il padre Evaristo discendeva da una nobile famiglia siciliana ed era un ingegnere coinvolto nei lavori della ferrovia di Tessaglia. La madre Gemma, invece, era di origini genovesi. Negli anni ‘90 dell’800, si trasferisce ad Atene dove nasce il fratello Andrea, che sarà il più importante legame affettivo della sua vita. Proprio qui, il giovane De Chirico inizia a frequentare il Politecnico, dal 1903 al 1906.

Dopo la morte del padre nel 1905, all’età di 65 anni, la madre decide di lasciare per sempre la Grecia portando con sé i due figli e si trasferisce definitivamente a Monaco di Baviera, dopo varie tappe a Venezia e a Milano. Proprio nella città tedesca, Giorgio frequenta l’Accademia di Belle Arti. Le sue primissime opere hanno per soggetti figure mitologiche, come i centauri che lottano tra loro o muoiono in solitudine, ma anche sirene e tritoni. Ciò che si intuisce subito è che nella pittura di De Chirico il mito non ha una visione pacata e raziocinante, ma è espressione tragica e solitaria dell’esistenza

L’arte deve creare sensazioni sconosciute in passato; spogliare l’arte dal comune e dall’accettato. Sopprimere completamente l’uomo quale guida o come mezzo per esprimere dei simboli, delle sensazioni, dei pensieri, liberare la pittura una volta per tutte dall’antropomorfismo…vedere ogni cosa, anche l’uomo, nella sua qualità di cosa.

Produzione artistica ed eventi di vita

Nel marzo del 1910, si trasferisce a Firenze che sceglie come sua nuova patria. La malinconia scoperta nei libri di Nietzsche unita a problemi di salute, visto che soffriva di forti dolori intestinali, segnano profondamente la sua produzione pittorica. La partenza degli Argonauti del 1910 (qui sotto) esprime tutti i sentimenti provati dal pittore in quel periodo: come De Chirico, anche gli Argonauti abbandonano la loro patria sicura in cerca di nuove destinazioni e avventure ignote.

partenza argonauti de chirico

Nel dipinto si vedono una spiaggia dove gli scorci delle case bianche, in lontananza, ricordano moltissimo le abitazioni egee. Una statua di Atena Parthenos, sporca di sangue, indica il sacrificio fatto per la partenze dei naviganti. In quest’opera, si vede già il pittore De Chirico così come lo conosciamo: il tema del mito, la nostalgia della patria perduta, il senso della natura e l’evocazione di forze superiori.

Firenze è anche la città dove nascono i primi enigmi, quelle opere dall’atmosfera sospesa e con figure sospese avvolte in pepli, statue in spazi deserti. Ad esempio, Enigma di un pomeriggio d’autunno del 1910. Sarà proprio De Chirico a spiegare da dove nasce questo enigma che è una sorta di rivelazione di cose già viste e vissute, nonché un momento in cui si sospende il tempo e si svela l’essenza vera delle cose.

Nel 1912 compie un importante viaggio a Parigi dove espone alcune sue opere e viene notato da Picasso, grazie al quale stringe amicizia con Braque, Jacob, Soffici e Derain. A notare Giorgio è uno dei più importanti intellettuali del tempo, Apollinaire, che per primo lo definisce metafisico. Allo scoppio del Primo Conflitto Mondiale, Giorgio torna in Italia insieme al fratello Andrea. Mentre quest’ultimo si arruola, De Chirico viene ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Ferrara, per una nevrosi da guerra. La scoperta del paesaggio ferrarese è fondamentale per la consacrazione metafisica della sua pittura. Nel 1916-1917 dipinge Ettore e Andromaca e Le Muse inquietanti. Nel 1935 si sposta negli Stati Uniti e nel 1945 pubblica Memorie della mia vita. L’anno seguente si trasferisce a Roma, dove rimane fino alla fine dei suoi giorni. Nel 1971 viene pubblicato il catalogo di tutte le sue opere. Giorgio De Chirico muore poi a Roma il 20 novembre 1978. 

Movimento del Pittore Metafisico

La nascita del movimento metafisico si fa risalire al 1916 e più precisamente all’incontro di Giorgio De Chirico con Carlo Carrà nell’ospedale militare di Ferrara, anche se il termine metafisico fu coniato da Apollinaire. Per i due pittori, la metafisica fa riferimento ad Aristotele e si traduce in pittura nella raffigurazione di oggetti reali, ma accostati tra loro in maniera insensata, illogica e inaspettata. Tante sono le opere dell’artista nei musei di arte contemporanea a Milano

de chirico

Il risultato è una sensazione di smarrimento e profondo senso di inquietudine nell’osservatore. Non esiste un manifesto del movimento metafisico, ma i principi base sono i seguenti:

  • assenza della figura umana e presenza di statue e manichini
  • riferimenti al mito greco e al mondo classico
  • senso di mistero
  • immagine fortemente statiche e sensazione di sospensione del tempo
  • colori piatti e uniformi
  • molteplici punti di fuga incongruenti tra loro
  • prospettive non realistiche
  • solitudine e inquietudine 

Opere e Sculture di De Chirico

Manichini, oggetti fuori posto, piazze deserte, silenzio assordante: non stiamo parlando di una allucinazione, ma delle opere di De Chirico. Un senso di solitudine e inquietudine regna sovrano. L’atmosfera è cupa, i luoghi sono deserti e il tempo appare come sospeso. Una delle figure ricorrenti è il manichino, un oggetto senza occhi né volto che simboleggia il senso di solitudine dell’artista, ma anche la capacità di guardare oltre la realtà.

Nel corso della sua vita Giorgio De Chirico ha realizzato 600 opere di cui 100 autoritratti. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo: in Italia le troviamo al Museo del Novecento di Milano, al Museo del Novecento di Firenze e al Museo all’Aperto Bilotti di Cosenza. 

Ecco alcune delle sue opere più famose, che approfondiremo poco più avanti:

  • La torre rossa (1913)
  • La nostalgia dell’infinito (1913)
  • Ettore e Andromaca (1917)
  • Le Muse inquietanti (1918)

La torre rossa

La torre rossa è un olio su tela datato 1913. Il dipinto è oggi conservato a Venezia e fa parte della collezione Guggenheim. Senza dubbio, insieme alle Muse Inquietanti, è tra le opere che in maniera più emblematica esprimono la pittura metafisica di Giorgio De Chirico. Non a caso, non è chiara la collocazione topografica. L’occhio dell’osservatore è colpito immediatamente dalla torre rossa che campeggia al centro e non a caso, come si evince dal titolo, è la vera protagonista della scena.

de chirico torre rossa

Il desolante e desolato spazio in primo piano stretto tra i due porticati neri ha il solo scopo di dirigere lo sguardo dello spettatore verso la famigerata torre rossa. Sulla destra si scorge vagamente un monumento equestre. L’opera è caricata di malinconia e nostalgia. Lo scenario è inesorabilmente vuoto e la piazza molto silenziosa, prima di presenza umana.

La nostalgia dell’infinito 

Uno scenario onirico, ricco di chiaroscuri, i volumi ben definiti, gli spigoli netti: in quest’opera si notano tutti i tratti tipici della pittura metafisica del grande De Chirico. Un senso di profonda amarezza più che di pace pervade l’osservatore che scruta La nostalgia dell’infinito. La scena appare senza inizio e senza fine e questo getta lo spettatore nello sconforto e nella malinconia. La torre bianca sullo sfondo campeggia silenziosa nell’ambiente desolato e sconfinato e ciò che più colpisce è che da lì parte la sorgente di luce.

  • Vedi anche l’articolo dedicato al movimento dell’impressionismo, agli antipodi rispetto a De Chirico

Ettore e Andromaca

Il potere del mito, il potere della pittura metafisica. Ettore e Andromaca sono qui raffigurati da De Chirico come due semplici manichini, come quelli usati dalle sarte. Sembrano privi di vita, ma in realtà osservando bene si nota che essi sono avvinghiati in una morsa di dolore. Non hanno gli arti superiori e quindi il pittore li priva persino dell’ultimo abbraccio. Tutto però ha un senso: l’abbraccio è segno di protezione e conforto e Ettore non può dare né l’uno né l’altro alla sua Andromaca. I due protagonisti del mito e del dipinto desiderano un ultimo contatto fisico, ma sono solo manichini nella mani del fato.

ettore e andromaca de chirico

Muse Inquietanti 

L’opera più celebre di Giorgio De Chirico si intitola Muse inquietanti. Nel dipinto è raffigurata una piazza; sul fondo si notano una fabbrica con due ciminiere e il Castello Estense di Ferrara. Sulla destra si intravede un’architettura di matrice classica. Della vitalità cittadina non emerge nulla, ma tutto appare fermo, sospeso, statico e bloccato. Tutto è posizionato per far apparire la scena irreale e dare l’idea di un palcoscenico. In primissimo piano non ci sono esseri umani, ma statue che tuttavia presentano una la testa di un manichino e l’altra un fantoccio di pezza.

muse inquietanti de chirico

Dunque elementi aulici si mescolano con elementi di uso quotidiano. La sensazione che ha l’osservatore è di smarrimento e spaesamento. Le vestigia classiche non rassicurano, ma danno angoscia e diventano elementi di decadenza e simbolo di una civiltà decaduta, come indicano anche le lunghe ombre nere. L’opera risale al 1918 e fa parte di una collezione privata. 

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