Peter Zumthor, uno degli esponenti più influenti dell’architettura contemporanea in tutto il mondo e sicuramente da annoverare tra gli architetti più famosi attualmente. Architetto svizzero di nascita, stiamo parlando di un vero e proprio luminare sul suo campo, capace di analizzare il rapporto tra luogo geografico e creazione architettonica. Una natura e un ambiente degni di rispetto, come vedremo ogni sua opera parte da questo presupposto fondamentale. La sua preparazione nasce non a contatto diretto con l’architettura, Zumthor era infatti figlio di un ebanista. La sua passione ha quindi le radici nell’arte di progettare e produrre manufatti in legno come mobili, statue, quadri ed altri elementi d’arredo.
L’uso di antiche tecniche di ebanisteria, tra cui l’intarsio e l’intaglio, permette a Zumthor di sviluppare un legame unico con il materiale maturale. Non a caso, nelle sue opere ritroviamo sempre l’importanza data alle qualità percettive dei materiali costruttivi. L’atteggiamento di questo architetto, nei confronti delle sue creazioni, è basato sull’empatia, oltre che sul desiderio di sperimentare. L’attività di restauro gli permette di affinare ancora di più l’essenzialità del legame tra architettura e luogo. Per questo, si impegna in lavori altamente specializzati nel campo del ripristino di mobili antichi.
L’interesse per le proprietà tattili e sensoriali dei diversi materiali renderà inimitabili le sue creazioni. Vediamo più nei dettagli la storia e il pensiero di Peter Zumthor, luminare che rifiutò sempre la figura dell’archistar.
Questo è il procedimento che preferisco: dapprima pensare l’edificio come fosse una massa d’ombra e solo in un secondo tempo, come in un processo di scavo, mettere le luci, far filtrare la luce nell’oscurità. E poi viene il secondo procedimento preferito – è tutto molto logico, non ci sono segreti, è una cosa che fa chiunque.
Il secondo procedimento che preferisco consiste nel sistemare consapevolmente i materiali e le superfici in una certa luce. Poi bisogna guardare come riflettono i materiali e a quel punto li si sceglie per creare un insieme coerente. La luce del giorno, la luce sulle cose, mi colpisce a volte a tal punto da farmi pensare che in essa vi possa essere un’ entità spirituale.
Peter Zumthor
Peter Zumthor: opere
Abbiamo già sottolineato le caratteristiche principali delle opere di Peter Zumthor. Dopo l’apertura del suo primo studio professionale nel 1978 nel villaggio di Haldenstein, nei pressi della cittadina di Coira, l’architetto dà il via a una fortunata carriera che lo porta a divenire un personaggio di spicco nel panorama dell’architettura e dell’arte contemporanea. Il suo punto di partenza è sempre legato al rapporto tra ambiente e architettura. L’obiettivo è proprio quello di trovare un equilibrio tra la tradizione più classica e rispettosa dei materiali e, d’altra parte, delle soluzioni spaziali estremamente rigorose.
La cura maniacale del dettaglio è un’altra peculiarità delle opere di Zumthor. Non a caso, tutti i suoi progetti vengono prima sperimentati su modelli che raggiungono la scala 1:1. Ogni aspetto deve essere curato, proprio per permettere un legame empatico con la natura e l’ambiente che circondano l’edificio. Oltre all’attenzione rivolta ai materiali naturali, come legno e pietra, le sue creazioni offrono uno straordinari esempio attraverso cui raccontare il legame tra architettura, territorio e memoria.
Museo d’arte di Bregenz
La storia del Museo d’arte di Bregenz ha inizio nel 1993, quando la cittadina austriaca indice un concorso d’idee per la costruzione di un nuovo museo dell’arte, proprio davanti al Lago Costanza. Un progetto ambizioso, che deve inserirsi anche all’interno di una serie di edifici già realizzati. L’intervento architettonico richiesto deve sapersi inserire anche nel panorama naturale del luogo, sulla riva del Lago. Oltre a questo, un ulteriore paradigma progettuale richiesto dal bando era la caratterizzazione di questa nuova architettura per mezzo della luce. Qui lo spirito creativo di Zumthor prende il sopravvento, riuscendo ad aggiudicarsi il bando grazie all’idea progettuale proposta. Nasce così la Kunstahaus.
L’idea dell’architetto svizzero riesce infatti a interpretare, in modo del tutto originale, la tematica della luce, capace di diventare vero e proprio complemento di arredo. Inserito perfettamente nel panorama di Bregenz, il Museo è stato concepito come una costruzione solitaria in una posizione non troppo lontana dallo specchio d’acqua del lago. L’edificio espositivo, osservato a distanza, appare come una sorta di faro, una vera e propria fonte di luce all’interno della città.
Sviluppato su quattro piani, l’edificio, con la stratificazione del suo involucro, è costituito da superfici riflettenti sovrapposte. In questo modo, riesce ad assorbire al suo interno la luce, riflettendola e creando giochi luminosi diversi a seconda dei differenti angoli di visione. Il vetro è l’elemento centrale, infatti per la facciata sono state impiegate lastre di vetro acidato per consentire il progetto di illuminazione dell’edificio.
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Serpentine Gallery Pavilion di Londra
In questo caso, la Serpentine Gallery rappresenta un progetto temporaneo. Nello specifico, si tratta di un padiglione e struttura temporanea, progettato da Peter Zumthor e Piet Oudolf, allestita dal 1° luglio a 16 ottobre 2011 davanti all’omonima galleria, all’interno dei giardini di Kensignton a Londra. Lo scopo della Serpentine Gallery è quello di accogliere eventi musicali, spettacoli di teatro ma anche una caffetteria. Un parallelepipedo nero e piuttosto misterioso all’esterno, dentro nasconde un piccolo affascinante giardino, al centro di un patio, protetto da una copertura a quattro spioventi introversi a formare un recinto.
Un ambiente scuro e illuminato solo una luce fioca e indiretta, da esplorare attraverso sei piccoli sentieri curvilinei, che richiamano a una serpentina. Lo scopo di questa costruzione è rappresentare il rapporto duale tra edificio e natura, in questo caso racchiusa in uno spazio chiuso e rigoroso. La bellezza degli elementi naturale è fonte di ispirazione ma, allo stesso tempo, meta irraggiungibile per l’uomo. Il recinto di Zumthor, infatti, circoscrive e raccoglie una porzione simbolica di natura. Un luogo di meditazione e riflessione senza tempo.
Centro termale di Vals
La sua poetica compositiva è ben rappresentata anche dal centro termale di Vals, inaugurato nel 1996. Stiamo parlando di una costruzione incastonata nella montagna circostante, di cui incorpora l’imponenza della roccia, ponendola in relazione con altri due elementi fondamentali: l’acqua e la luce. Questi tre elementi vengono messi in risalto, riducendo al minimo il contributo estetico di altri elementi. Anche questa opera diventa rappresentazione del legame tra edificio e natura, centrale per comprendere le creazioni di Peter Zumthor.
L’interno è rivestito in pietra locale, lavorata in modo tale da risultare ruvida al tatto, mentre i tagli sulle pareti da cui filtra la luce all’interno enfatizzano il materiale e il gioco di acqua riflessa. Un vero e proprio capolavoro dell’architettura, capace di valorizzare l’ambiente circostante oltre che incastonare la nuova costruzione nella montagna, creando una totale integrazione fra tre elementi essenziali: la roccia, la luce e l’acqua.
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Padiglione della Svizzera per Expo 2000 ad Hannover
Nel caso del Padiglione Svizzero dell’Expo 2000 di Hannover, anche in questo caso è perfetto esempio della creatività di Zumthor. L’intuizione progettuale trae origine da una immagine consueta: il semplice accatastamento delle assi di legno in un qualsiasi deposito o magazzino di falegnameria o carpenteria. Il riferimento è al suo apprendistato da ebanista nel laboratorio del padre. Non a caso, l’architetto ricorda:
“Crebbi costruendo cose concrete. Sono un falegname in questo senso, nel tentativo di conoscere il materiale con il quale lavoro, i suoi limiti, le sue potenzialità, l’effetto che avrà il tempo su di esso…”
Il materiale detta legge nelle opere di Peter Zumthor, non il contrario. I 3000 mc. del piccolo edificio sono infatti costituiti da ben 45.000 assi di legno non stagionato, assemblate senza uso di collanti. Le pareti, alte 9 metri, suddividono lo spazio interno secondo una logica labirintica e complessa, mentre i soffitti costituiti da travi di larice poggiano su travi verticali di pino scozzese. Le assi sono mantenute ferme da cavi d’acciaio collegati a tiranti a molla, dallo stile minimal ed elegante. Questi ultimi “seguono” il legno nella sua natura di materiale cangiante e vivo. Per questo motivo luce, vento e pioggia sono lasciati liberi di penetrare all’interno del padiglione espositivo. Il materiale, in questo modo, sembra “respirare” con gli elementi naturali, seguendone il ritmo e la mutevolezza.
Zumthor vuole evocare nel suo padiglione l’odore e il rumore del legno in stagionatura, materiale tipico delle costruzioni tradizionali svizzere. Offre quindi al visitatore un esperienza sensoriale in cui l’olfatto e l’udito, oltre alla vista, sono le protagoniste; un concept molto simile anche al precedente progetto delle Terme a Vals.
Peter Zumthor: biografia
L’architetto Peter Zumthor nasce nel 1943 e cresce in Svizzera, nei pressi di Basilea. Proprio in questo luogo riceve la sua prima formazione, ad opera del padre, mobiliere ed ebanista, che si occupa della sua preparazione artistica. Oltre al rispetto verso materiali naturali, come nel caso del legno massello, questa esperienza gli offre la possibilità di toccare con mano e percepire da vicino tutto ciò che poi ritroveremo nelle sue opere architettoniche. Simile l’idea alla base dei progetti di Shigeru Ban, architetto contemporaneo giapponese.
Studente alla Kunstgewerbeschule della sua città natale, qui Zumthor si dedica anche all’arte visuale. Gli studi gli permettono di perfezionare la sua tecnica, mantenendo sempre però una unione tra gusto artigianale e sofisticato. Non a caso, il suo approccio teorico e filosofico che gli assicura un riconoscimento a livello internazionale. Dopo questa prima fase di studio, Zumthor inizia a frequentare la facoltà di architettura d’interni al Pratt Institute di New York, laureandosi nel 1966. Da sempre descritto come un uomo riservato, ancora oggi vive e lavora dal 1979 con un numero ridotto di collaboratori ad Haldenstein, un piccolo paese del Canton Grigioni.
La sua architettura si caratterizza per la qualità materica delle superfici, la ricerca di una definizione quasi artigianale delle stesse e la massività. Oltre a questo, a Zumthor si riconosce anche la predilezione per l’uso di materiali naturali lasciati a vista. Come possiamo intendere dalla citazione riportata all’inizio di questo articolo, anche la luce riveste un ruolo importante nelle architetture di questo artista. Durante la sua carriera, Zumthor ha lavorato principalmente su piccoli e complessi progetti. Tra i più noti a livello internazionale vi sono il Museo d’arte di Bregenz, il Museo d’arte Kolomba a Colonia e il Serpentine Gallery Pavilion di Londra.
Peter Zumthor: pensiero
Il pensiero di Peter Zumthor riesce a far comprendere ancora meglio il significato delle sue opere architettoniche. Come abbiamo già accennato nei primi paragrafi di questo articolo, l’obiettivo non è semplicemente quello di sfruttare il proprio estro creativo ma anche quello di creare un legame empatico con la natura. Il suo approccio all’architettura viene perfettamente descritto nelle sue stesse parole. Come sostiene lo stesso progettista,
“In ognuna delle mie opere, il materiale ha dettato le sue leggi. I progetti nascono da un’idea e questa idea, nel mio caso, viene sempre accompagnata da un materiale. Non concepisco un modo di progettare in cui la forma si decida prima e i materiali poi”
Nel pensiero di Zumthor, l’architettura non è semplicemente veicolo o simbolo. L’obiettivo è scavare nella sua essenza, cercando di non celebrare l’inutile ma contrastando lo spreco di forme e di senso. L’architettura parla con un proprio linguaggio, consapevole e preciso. La sua idea si basa su una pacifica convivenza con il paesaggio naturale. La sua struttura, il metodo costruttivo, e l’uso dei materiali è moderna e riconoscibile, minimale oltre che rigorosa. In tutto questo, la presenza dell’edificio non deve danneggiare la dimensione storica del luogo in cui sorge.